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Pistis Sophia

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Sangue del mio sangue
di Marco Bellocchio
Italia, Francia, Svizzera – 2015
Con: Pier Giorgio Bellocchio (Federico), Lidiya Liberman (Benedetta), Fausto Russo Alesi (Cacciapuoti), a (Il conte), Filippo Timi (il pazzo), Alberto Cracco (l’inquisitore francescano), Alba Rohrwacher (Maria Perletti), Federica Fracassi (Marta Perletti), Toni Bertorelli (Il dottor Cavanna)
Trailer del film

sangue_del_mio_sangue

XVII secolo, Monastero di Bobbio. Benedetta è accusata di essere una strega e aver indotto il suo confessore al suicidio. La violenza, l’ipocrisia, la follia dell’Inquisizione non riescono a farla confessare. Viene murata viva. Dopo decenni, torna a trovarla il fratello del prete suicida, che voleva ucciderla, che forse se ne era innamorato e che ora è un rigido cardinale.
XXI secolo, Bobbio. L’antico carcere sembra abbandonato. Vi abita un uomo che esce soltanto di notte ed è a capo di una fondazione che benefica -in maniera non del tutto legale- gli abitanti del luogo. Il Conte -così lo chiamano- sembra una sorta di saggio vampiro. Una giovane e fiorente donna lo attrae con tutta la forza della vita. La desidera, la segue mentre lei amoreggia con il suo ragazzo.
Due vicende apparentemente lontane nel tempo e nel contenuto ma che invece mostrano l’unità di una metafora gnostica tra le più chiare. L’Inquisizione cattolica e il Conte rappresentano infatti l’espressione tragica e quella benevola di una struttura antropologica intrisa di buio e incapace di riscattarsi nonostante il tentativo di imprigionare la Luce. Anzi, proprio per averla imprigionata. La Grande Chiesa -la Chiesa papista- ha soltanto la forza di tenere separata e segregata la Luce ma non ha la potenza di distruggerla. Come germe sonnecchiante essa tace e subisce, cova la propria purezza che è anche la sua forza, per poi risvegliarsi, ormai libera. Benedetta/Sophia si immerge negli elementi del mondo -l’acqua, il fango, il sangue, il fuoco- li assorbe in sé, oltrepassa la logica dualistica e insensata degli inquisitori, ne rimane incontaminata e alla fine esce dalla sua prigione risplendendo della potenza di una giovinezza che soltanto la conoscenza può offrire.
Non importa, naturalmente, che Bellocchio sappia che cosa è tutto questo. Artista è infatti colui che coglie gli archetipi e ne esprime la forza, anche se ne ignora i contenuti e le forme. E qui si tratta di un archetipo tra i più antichi, che dall’orfismo arriva al presente.
Questo film è dunque un’offerta di riflessioni sulla vita, di stabili intuizioni nello scorrere caotico del mondo e della sua narrazione, da cogliere dentro e oltre il tempo nella trama degli eventi e grazie al loro mutare.


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